Il Coordinamento Pedagogico di ParmaInfanzia ha recentemente promosso e guidato un significativo percorso di sviluppo professionale, denominato “Accogliere nella Complessità”. Questa iniziativa si è configurata non solo come un programma di formazione, ma come un momento strategico di riflessione, rivisitazione e puntualizzazione per l’intero contesto educativo 0-6 del territorio.
LA GENESI DEL PROGETTO: UNA RISPOSTA AI BISOGNI RICONOSCIUTI
Tutto ha avuto inizio nel corso dell’anno educativo 2023/2024, quando il Coordinamento Pedagogico di ParmaInfanzia ha percepito un’intensificata complessità nel lavoro educativo quotidiano. Riconoscendo l’importanza di affrontare queste sfide, è stato avviato un confronto sistematico con le coordinatrici interne dei servizi. Attraverso tre incontri dedicati all’analisi dei bisogni dei gruppi, sono emerse con chiarezza due aree critiche: la fragilità e la complessità. Aspetti che, se non adeguatamente indagati, rischiano di creare incomprensioni e disagi.
Dalla consapevolezza di questa responsabilità, e della necessità di gestire tale complessità, ha preso il via il percorso “Accogliere nella Complessità”. Come espresso da Ornella Accetta, coordinatrice pedagogica di ParmaInfanzia, l’iniziativa è stata concepita come “un momento di sosta personale e collettiva con colleghe e colleghi con cui ci si confronta, ci si mette in gioco e nel quale si può progredire. L’obiettivo primario era creare uno spazio e un tempo dedicati all’accoglienza e all’indagine delle domande e dei dubbi che emergono nella quotidianità, valorizzando le fragilità e le difficoltà riscontrate”.
Il progetto, il cui aspetto innovativo risiede nel processo di sviluppo e nella modalità di lavoro, ha coinvolto circa 300 educatori di nidi e scuole dell’infanzia gestiti dalla cooperativa Proges tra Parma e provincia. Il Coordinamento Pedagogico di ParmaInfanzia ha optato per una struttura non predefinita, ma costruita in itinere, capace di adattarsi di volta in volta a quanto emergeva dai sottogruppi tematici, composti da educatori provenienti da realtà diverse (nidi di montagna, campagna, città, poli educativi), ma accomunati dai medesimi bisogni.
“Dopo ogni incontro il tavolo dei coordinatori pedagogici si è trovato per confrontare quanto raccolto, per interrogarsi e riflettere sull’esperienza e per progettare gli step successivi. – spiega Ornella Accetta – Così, partendo dalle domande dei gruppi e dalla lettura dei bisogni si è via via costruito un metodo per affrontare in modo condiviso la complessità, un metodo che ci ha accompagnati a ribaltare la metodologia di approccio a essa, assumendo una logica di condivisione. Insieme abbiamo iniziato a guardarla, analizzarla in profondità, assumendo la posizione di chi sa che non è possibile risolverla, ma certamente organizzare. Come? Navigandoci dentro, insieme, perché da soli non bastiamo, certamente non cercando delle risposte, anzi imparando a sostare nelle domande”.
LA METAFORA DEL GOMITOLO E FILO
“La metafora del “gomitolo”, che rappresenta la complessità del servizio nella sua rigidità e nelle sue possibilità limitate, è stata fondamentale lungo tutto il percorso. Il fermarci ha consentito di ‘srotolare’ il gomitolo e scoprire un filo che diventa opportunità, l’apertura che genera un cambio di prospettiva, offrendo sguardi diversificati – evidenzia Monica Casali, coordinatrice interna – “Il filo nello scambio muta la staticità della forma, dando vita ad altri fili capaci di generare intrecci. Questo processo è in grado di generare maggiori risorse perché permette numerose combinazioni, offrendo possibilità diversificate in base alle esigenze”.
Il progetto ha consolidato la consapevolezza che la complessità, intesa come “groviglio di fili”, non si risolve o si sbroglia, ma si “riorganizza”, modificando la prospettiva.
La condivisione ha rafforzato la percezione di appartenere a una rete di supporto. Giulia Bellicchi, educatrice di nido, sottolinea l’impatto di tutto ciò: “la ricchezza dello scambio e il confronto onesto, vero e sincero mi hanno fatto rendere conto che non sono sola, che non siamo soli, ma che facciamo parte di una rete di persone che operano tutte al benessere dei servizi e di coloro che ne fanno parte. Questa rete di persone, come fili diversi ma di ugual valore, ha generato un maggior numero di risorse, competenze, combinazioni e possibilità”.
Il progetto ha altresì messo in risalto il ruolo cruciale delle parole, il cui senso deve essere continuamente partecipato per affrontare le complicazioni quotidiane. L’esperienza ha confermato che il procedimento di riflessione e condivisione dota gli operatori di strumenti utili per gestire le problematiche in modo sempre più efficace e creativo. Si tratta di una continua evoluzione, apertura e scambio utile a generare nuove combinazioni e infinite possibilità.
Chiara Marando