Il magazine della cooperativa sociale Proges

“Dentro. Fuori”: il teatro come specchio dell’anima e strumento di rinascita

Fuori, la guerra, il sole, la luna, il mare. Dentro, la tristezza, il caos, la sincerità, la depressione, la luce. La prima è una visione del mondo che abitiamo, la seconda, come in uno specchio ribaltato, è lo svelamento di ciò che alcuni ragazzi e ragazze delle comunità psichiatriche della cooperativa Proges si portano dentro.

Un messaggio potente trasmesso attraverso uno spettacolo teatrale dal titolo “Dentro. Fuori” promosso da Progetti&Teatro ASP con il sostegno del Dipartimento Assistenziale Integrato Salute Mentale e Dipendenze Patologiche dell’ASL di Parma e andato in scena lo scorso 16 maggio.

 

 

Con la regia firmata da Carlo Ferrari, lo spettacolo ha posto l’accento sull’alternarsi e il mescolarsi di ciò che si percepisce all’esterno e di ciò che si agita nell’intimità di ognuno dei partecipanti, ospiti delle strutture Fattoria di Vigheffio, Casa Amica, Il Villino di Salsomaggiore, Villa Mamiani e Il Villino di Ponte Taro, i quali hanno saputo dare vita a una performance intensa, essenziale nella forma e potente nel contenuto.

“I testi sono nati da loro. Io ho solo aiutato a dare una forma più compiuta a quello che avevano espresso” racconta Carlo Ferrari. “Ci siamo concentrati sul tema del ‘dentro’ e del ‘fuori’: cosa vedevano i ragazzi dentro di sé e cosa percepivano all’esterno. Abbiamo lavorato molto sull’improvvisazione, sia nelle azioni che nelle parole. Io mi sono occupato di tradurre tutto questo a livello drammaturgico. Ne sono emerse domande profonde, rivolte direttamente al pubblico: Come mi vedi? Come ti vedi? Interrogativi intensi, diretti, che li hanno portati a mettersi in gioco e a invitare il pubblico a fare lo stesso.”

“Noi eravamo seduti intorno a loro e i ragazzi si rivolgevano direttamente agli spettatori. Usavano la tecnica dello sguardo fisso, intenso. Il coinvolgimento era altissimo” continua Maria Terzi, coordinatrice di Casa Amica.

Attraverso gesti, parole, poesie e interrogativi rivolti direttamente al pubblico – “Cosa vedi dentro di me?”, “Cosa vedi dentro di te?” – si è costruito un dialogo autentico, dove non c’erano più attori e spettatori, ma solo persone che si guardano e si riconoscono nella fragilità e nella bellezza dell’essere umani.

“Durante questi spettacoli – racconta Alberto Mezzadri, coordinatore territoriale di Proges – emerge la parte emotiva più autentica di ciascuno. È un percorso del bello. È difficile da descrivere: bisogna esserci, guardarli negli occhi, sentire cosa trasmettono.” E infatti lo spettacolo ha commosso profondamente il pubblico presente, composto da operatori, familiari, colleghi, amici. “Molti dei partecipanti avevano già fatto esperienze teatrali con me” riprende Carlo Ferrari “quindi conoscevano il metodo. Ogni lezione li coinvolgeva pienamente. Alla fine erano stanchi e questo è un buon segno: mantenere l’attenzione per tutto il tempo, restare concentrati sul copione, sulla memoria, sulla ripetizione delle fasi del lavoro non è affatto semplice.”

 

 

“Mi ha colpito il coinvolgimento sincero e partecipe di tutti, così come l’attenzione e l’emozione che si respiravano tra il pubblico: familiari, colleghi, ospiti. Una comunità riunita non solo per assistere a uno spettacolo, ma per vivere un’esperienza comune, fatta di ascolto, vicinanza e bellezza” aggiunge Laura Beggi dell’area Specialist Inclusione. “Credo profondamente che il teatro, in un percorso riabilitativo, sia uno strumento potente. Permette di esprimere ciò che spesso resta inespresso, crea connessioni nuove, favorisce relazioni tra persone che, forse, altrimenti non si sarebbero mai incontrate”.

Le parole finali dedicate all’amicizia, all’affetto, alla simpatia e alla felicità hanno tracciato un percorso poetico e universale: “Le parole sono importanti”, affermano tutti insieme sul finale. E in quelle parole si percepisce tutta la forza di chi ha lottato per ritrovare un posto nel mondo, per riconoscersi e per essere riconosciuto.

“Spero davvero che ci sia un proseguimento, che esperienze come questa continuino a essere sostenute e promosse. Perché il teatro così, quando è pieno di spessore e capace di emozionare, arricchisce tutti” conclude Laura Beggi. FR

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