Dopo l’approvazione del bilancio 2024 Caterina Bonetti, assessora alle politiche educative del Comune di Parma, fa il punto su ProgesMag delle attività della società mista ParmaInfanzia, con uno sguardo al futuro dei servizi dell’infanzia in città.
La settimana scorsa l’assemblea dei soci ha approvato il Bilancio 2024 di ParmaInfanzia. Che anno è stato?
Direi che è stato un anno interessante e ricco di sfide, con alcuni importanti cambiamenti. La nuova presidenza in primis, con l’arrivo di Irene Cordero, e del nuovo consiglio di amministrazione, ma anche la nuova responsabile delle attività educative Francesca Giuffredi.
È stato il primo anno scolastico all’interno del nuovo affidamento al socio privato Proges ed è stata quindi l’occasione per misurare nel concreto quei miglioramenti nell’esecuzione del servizio che erano stati indicati in sede di gara.
Nel complesso abbiamo lavorato tutti per una maggiore sinergia, all’interno del coordinamento pedagogico, fra i servizi educativi a gestione diretta del Comune e quelli a gestione indiretta a cura di ParmaInfanzia, attraverso numerosi incontri tematici e organizzativi.
Vista da dentro che idea ti sei fatta di ParmaInfanzia?
Io vengo da una storia politica per la quale il cuore dell’attività amministrativa era rappresentato dai servizi a gestione diretta: nidi e scuole infanzia con personale esclusivamente comunale, realizzati in spazi a loro volta gestiti direttamente dall’Ente. Dai tempi della creazione di questa società partecipata (ormai oltre vent’anni fa) il contesto sociale, i bisogni educativi ma anche i perimetri entro i quali le pubbliche amministrazioni si muovono sono cambiati radicalmente. Difficile oggi immaginare un sistema educativo che non sia integrato e quindi, a maggior ragione, immaginare una netta divisione fra pubblico e privato.
ParmaInfanzia credo sia oggi una società capace di rispondere ai bisogni delle famiglie, la cui soddisfazione deve essere il primo obiettivo dell’Ente. I bambini che frequentano i nidi e le scuole di ParmaInfanzia fanno parte di un sistema integrato nel quale progetti, attività, organizzazione della giornata, modalità di relazione con le famiglie stesse è assolutamente omogeneo e coerente rispetto alla carta pedagogica del Comune di Parma.
ParmaInfanzia insomma funziona, bisogna solo valorizzarne a pieno le potenzialità con uno sguardo progettuale di ampio respiro, ma questo rimane in capo alla governance pubblica, quindi del Comune.
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Com’è e come può migliorare o intensificarsi il rapporto tra il socio pubblico e quello privato?
Il rapporto è sicuramente migliorato in questi anni. Per molto tempo la società è stata vista come semplice “braccio operativo” del Comune su una parte dei suoi servizi. Se devo essere sincera la sensazione, al mio arrivo, era più di un rapporto con un soggetto privato “altro” rispetto al Comune (come in un appalto puro) e non di una società in cui l’ente era socio di maggioranza. Sicuramente erano già attive importanti sinergie sul piano del coordinamento pedagogico, ma ancora con una partizione netta fra servizi consolidata negli anni. Come se il fatto di accedere a un servizio dalla stessa lista d’attesa, a parità di offerta, progettazione, condizioni economiche non fosse che una formalità.
Il lavoro di consolidamento dei rapporti, in particolare modo con un dialogo costante sui nuovi bisogni educativi – penso ad esempio ai temi delle disabilità e dell’integrazione – ma anche sulle modalità migliori di valorizzazione del nostro patrimonio educativo e sulla formazione continua, penso sia servito a rendere la società (e quindi anche il rapporto con il socio) più integrata e in linea con il sistema educativo comunale. In futuro l’obiettivo è di migliorare ulteriormente questa sinergia, per offrire alle famiglie un servizio sempre più omogeneo e possibilmente più ampio.
Quali credi siano i punti di forza dei servizi educativi del Comune di Parma?
In poche parole? Il personale. Abbiamo un personale educativo altamente qualificato, che si aggiorna in modo costante, che si spende nella relazione educativa e nel rapporto con le famiglie e con le realtà coinvolte nel percorso di sviluppo dei più piccoli. Parliamo di professioniste capaci di adattarsi a sfide assolutamente inimmaginabili solo 10 anni fa. Pensiamo, ad esempio, all’aumento di oltre il 128% delle certificazioni 104 in età scolare dal 2015 a oggi (dato che riguarda tutto il ciclo scolastico, non solo lo zero/sei), ma è solo un esempio.
Poi viene il valore aggiunto del coordinamento e del lavoro del settore, che non si “fregia” di un “metodo”, come spesso accade a seconda delle mode educative del momento, ma indirizza all’osservazione dei più piccoli e dei loro bisogni.
Abbiamo un ottimo servizio di ristorazione scolastica, con cucine interne in tutti i servizi: una cosa per nulla scontata anche in altre città della nostra regione.
Infine, tengo a sottolinearlo, la composizione della popolazione dei più piccoli. A Parma valorizziamo, in tema di accesso ai servizi, l’impegno familiare sia di tipo lavorativo che di cura. Questo significa che l’accesso non avviene in base all’Isee (considerato poi al momento del pagamento della retta) ma dell’effettivo carico familiare. Cosa significa? Che nei nidi e nelle scuole la popolazione è mista e non si creano spazi educativi di serie A o serie B. E questo non è scontato ed è un valore aggiunto fondamentale in una società che vorremmo inclusiva e plurale.
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Come vedi i servizi educativi del Comune di Parma tra dieci anni?
Dobbiamo pensare che la sfida del futuro sarà l’inclusione. L’aumento delle certificazioni 104 ci pone davanti a scenari mai considerati. Dobbiamo pensare quindi, ove possibile ovviamente, a servizi che partano già modulati sulla pluralità delle esigenze dei bambini secondo i loro bisogni e caratteristiche.
Un altro tema sarà la relazione con le tecnologie. Già oggi vediamo i danni causati da un utilizzo non ragionato dei devices digitali in età sempre più precoci. Occorre non demonizzare, ma nemmeno minimizzare i rischi di un abuso.
Poi mi piacerebbe pensare a un ritorno di fiducia nelle relazioni e nel potenziale dei più piccoli. Meno barriere, meno preoccupazione per una giornata di pioggia all’aperto o un ginocchio sbucciato, meno paura di far sperimentare – in un ambiente comunque tutelato e protetto – la vita ai bambini. L’ottica iper protettiva rischia di privare l’infanzia dell’avventura e della scoperta. I bambini sono nati per muoversi, conoscere e sperimentare… immagino quindi una scuola sicura, in cui i più piccoli possano acquisire sicurezza e autonomia sperimentandosi (e divertendosi) in prima persona, e famiglie che insieme a noi ne comprendano il valore crescendo nel loro ruolo genitoriale insieme ai propri figli.
Andrea Marsiletti