«La gestione manageriale è efficienza nel salire la scala del successo; la Leadership determina se la scala è appoggiata alla parete giusta».
Con questa citazione di Stephen Covey si può sintetizzare l’ambito da cui ha preso il via un dialogo incentrato non solo sul concetto di leadership, ma di una declinazione della leadership al femminile, interpretata in chiave storica, inclusiva e democratica.
Lo scorso 14 giugno, presso la libreria Mondadori dell’Eurotorri di Parma, si è svolta la presentazione del libro “La grande D – come la leadership femminile trasforma le organizzazioni” edito da Luiss e scritto Paola Lazzarini, formatrice e Head of CSR & Senior Consultant Manager Cegos Italia.
A confrontarsi con l’autrice, sotto l’attenta moderazione di Lorenzo Lasagna, la vice presidente della cooperativa Proges Francesca Corotti che, insieme a Paola Lazzarini, ha portato all’interno di Proges il progetto Ladies First, percorso formativo e di crescita volto alla valorizzazione del femminile in azienda.
Quelle del libro sono pagine che rappresentano una analisi dei concetti di leadership, appunto, e di management alla luce di un cambiamento all’interno delle aziende, dove sembra essere sempre più importante favorire un ambiente di lavoro maggiormente inclusivo, sereno e di conseguenza produttivo.
Perché la domanda che scaturisce, quando si toccano queste tematiche, è se abbia oggi ancora senso occuparsi di leadership e cosa si possa aggiungere a un concetto vecchio di un secolo.
“Leadership e management sono nozioni nate con la rivoluzione industriale, su cui da sempre vi è una discussione rispetto al loro reale significato. Comunemente, management rappresenta l’aspetto più organizzativo inerente l’efficienza. – spiega Paola Lazzarini – Il leader, invece, è colui che lavora con le persone, che alla direttività aggiunge l’ascolto e l’inclusione. Il manager persegue il potere, il leader lo costruisce con le proprie persone. Il manager gestisce il cambiamento, il leader cerca di attirarlo e indirizzarlo.”
Una distinzione che oggi diventa ancora più nitida, proprio in virtù dell’evoluzione della società e del mondo del lavoro.
“Questa modalità di leadership direttiva ha cominciato a cambiare, non da un punto di vista filosofico bensì organizzativo. – continua Paola Lazzarini – Una nuova visione maturata nel periodo del covid, che ha rappresentato la necessità di remotizzare il lavoro. A fronte di una situazione dove i manager dovevano gestire lavoratori che operano da remoto, la leadership direttiva ha cominciato a segnare il passo proprio perché controllare pienamente chi lavora lontano non è possibile”.
E allora la domanda: quale può essere l’alternativa?
“Puntare a una leadership nel suo significato più puro – precisa Paola Lazzarini – ovvero capace di esercitare una guida, e invitare le persone con cui si lavora a dare un contributo controllando prima di tutto loro se stessi. Farle sentire parte di un progetto unico, ma soprattutto delegare le responsabilità”.
Ne emerge quella che viene definita la “collective ownership”, ossia la responsabilità collettiva del lavoro e dei successi prodotti dal Team, con la conseguente trasformazione della leadership che da verticale diventa orizzontale, favorendo l’allentamento del controllo, il maggiore senso di responsabilità e solidarietà tra i collaboratori.
Si sta assistendo a un cambio di paradigma che vede, a livello aziendale, una crescente sensibilità verso tematiche di genere, cominciando a tradurre tutto questo in un vero e proprio vantaggio competitivo per quelle realtà che decidono di adottare concretamente una politica di diversity management. Realtà come la cooperativa Proges, da sempre attenta a questi temi, anche mediante azioni mirate di sostegno alla maternità, genitorialità e conciliazione tempi di vita e di lavoro.
“In Proges l’86% del personale occupato è composto da donne e, negli anni, abbiamo portato avanti politiche di genere molto interessanti e innovative, conquiste necessarie che però partono da una concezione del femminile come svantaggio, come qualcosa da tutelare. – evidenzia Francesca Corotti – Ecco, io credo che parallelamente in una organizzazione moderna, sia necessario un cambio di paradigma. Il femminile deve essere un valore aggiunto per le organizzazioni. Essere donna deve essere visto come una risorsa trasformativa, chiamata a partecipare alla cultura aziendale, come un valore. Sentivo questa necessità ed ero convinta che Proges fosse pronta per iniziare un percorso innovativo, l’incontro con Paola mi ha convinta di aver trovato la persona giusta per esperienza e competenze. Così abbiamo costruito insieme il progetto Ladies First, secondo le esigenze della cooperativa di cui rappresento come amministratrice e socia, dopo vent’anni di lavoro, storia e valori.
Il punto di partenza è stata una condivisione di valori rispetto al tempo che stiamo vivendo, abbiamo poi iniziato un percorso formativo mirato a mettere insieme vissuti e aspettative. Si è creato un gruppo di 10 giovani donne under 40, rappresentative di tutte le funzioni aziendali, con cui abbiamo portato avanti laboratori, momenti di confronto e crescita incentrati su argomenti quali consapevolezza di sé, comunicazione non aggressiva e capacità richieste alle manager del futuro”.
In questo contesto, la leadership come può essere attuata dentro una cooperativa sociale?
“Il concetto di leadership e ancor prima il concetto di governance è un tema fondamentale per le imprese cooperative – precisa Francesca Corotti – un tema su cui la riflessione deve sempre essere alta. Innanzitutto per la varietà dei modelli organizzativi, esistono cooperative diversissime tra loro, per ambiti di attività e dimensioni. Poi per i principi cooperativi. Quale modello di governance è più efficace in una realtà basata sul principio democratico di mutualità, che persegue il benessere delle persone e delle comunità? Una leadership cooperativa in un sistema così complesso non può che essere trasformativa e cercare di trovare alternative costruttive e inclusive al metodo comando e controllo. Inoltre non può essere un concetto definito una volta per tutte ma in continua evoluzione.”
Evoluzione, quindi, ma anche capacità di sapersi adattare all’interno di un contesto che cambia, nel segno di una sempre più intensa attenzione al tema della responsabilità sociale. Una responsabilità che non identifica come “diversa” la donna all’interno di una organizzazione, portando così a parlare di femminilità nella leadership e non di leadership al femminile.
Come viene affrontato nel libro il tema della leadership al femminile?
“Il successo di una donna non è quasi mai legato a una questione di potere o esercizio del potere, piuttosto di sensibilità e cura rispetto al proprio agire, al coinvolgimento delle persone, all’ascolto e alla pazienza, assecondando il proprio modo di essere – conclude Paola Lazzarini – Ciò che conta è la femminilità nella leadership, vista come comportamento di guida. Non esiste una leadership migliore in assoluto, ma si compone di elementi iconograficamente riconosciuti di virilità e femminilità. Fra le più significative voglio citare la gentilezza, oggi più che mai correlata alla buona gestione, al pari di altre skills. Diventa primario pertanto comprendere quanto una donna sia leader di sé stessa, quanto riesca a sviluppare la propria autostima, a tutti i livelli e trasferire il suo esempio con consapevolezza, intelligenza sociale e valorizzazione delle differenze.
Chiara Marando