Con l’inaugurazione della RSA Adriano il territorio lombardo ha visto l’esordio in equipe della figura del terapista occupazionale.
Si tratta di un professionista sanitario che si occupa di interventi individuali che facilitano la vicinanza emotiva, l’ascolto attivo e la completa identificazione dei bisogni occupazionali degli ospiti.
Il processo di terapia occupazionale inizia con un’intervista volta a indagare la storia occupazionale dell’ospite tramite un colloquio diretto con lo stesso o sfruttando il vissuto dei suoi caregiver. La storia occupazionale è un’intervista basata sulle occupazioni di vita della persona e suddivide le occupazioni in tre aree: cura di sé, lavoro/studio e tempo libero.
In seguito all’intervista gli obiettivi che si pone il terapista occupazionale sono individualizzati e specifici per ogni ospite, anche se in linea generale si possono riassumere nell’individuare strategie personalizzate al fine di promuovere il riconoscimento di sé e degli altri, con l’obiettivo di mantenere il più a lungo possibile l’autonomia nelle attività quotidiane, stimolare interessi, motivazione e volizione personale, alleviare ansia e agitazione.
Naturalmente, di pari passo ai cambiamenti cognitivi/mentali e fisici di ogni ospite, anche le attività si adattano permettendo così la partecipazione con dignità.
Alcuni esempi delle attività svolte in RSA Adriano sono quelle effettuate con il sig. Leonardo che durante gli incontri di terapia occupazionale si prende cura di alcune piantine, proprio come faceva un tempo, oppure con la sig.ra Tina, artista da tutta la vita, che dipinge quadri che conserva nel suo comodino come un prezioso tesoro. E ancora il sig. Mario, grande ballerino, che ascoltando la musica si diletta in qualche passo di danza.
Le attività svolte dagli ospiti non raccontano, però, solo ciò che è stato ma permettono anche di creare qualcosa di nuovo.
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Questo è il caso del sig. Franco. Franco è un uomo di 90 anni, cordiale, di profondi valori come la religione, la famiglia e dedito al lavoro. Ha fatto il meccanico per tutta la vita: bulloni, motori e brugole sono stati e sono parti integranti del suo vissuto. Ama raccontare che prima di diventare un meccanico, “per sbarcare il lunario” ha dovuto lavorare in un albergo e solo dopo qualche tempo ha potuto dedicarsi completamente al lavoro in officina a San Pellegrino. Dopo il primo incontro conoscitivo e il racconto della sua storia occupazionale, gli vengono proposte attività che ricordano il suo passato da meccanico (ad esempio laboratori manuali che prevedono l’utilizzo di cubetti o tubi), ma questi materiali non lo convincono totalmente e vengono da lui definiti troppo infantili e poco stimolanti. A quel punto si opta per proporre un’attività più sfidante e gli viene presentata una scatola di “meccano”, un insieme di componenti meccanici a lui familiari ma in scala ridotta. Con la sua tipica precisione e minuziosità Franco ispeziona i materiali nella scatola tirando fuori qualche pezzo e accetta la sfida di creare qualcosa.
Da quel giorno si materializza il progetto di Franco. Si parte dalle fondamenta perché, come dice Franco, “affinché la vettura stia in piedi ci vuole una base solida” e settimana dopo settimana, mese dopo mese come la vettura prende forma anche Franco si mostra più sicuro di sé, coinvolto e partecipe nell’utilizzo dei materiali e nel ragionamento critico rispetto al progetto. In corso d’opera Franco smonta e corregge ciò che non lo convince basandosi sempre sulla sua esperienza. Con fare critico, ma anche scherzoso, commenta i materiali: “Questa scatola è una discarica, se facciamo qualcosa di buono è un miracolo!” oppure “Solitamente in questi giochi ci sono le istruzioni se la vettura verrà male e perché sto facendo di testa mia”. Franco, sempre più orgoglioso del suo operato, decide che una volta terminato il progetto vorrà esporlo sul banco della reception della struttura in modo che tutti possano vederlo. Così viene fatto e, una volta esposto, Franco esclama: “E adesso cosa possiamo creare?”
L’attività svolta da Franco è l’esempio più esplicativo e lampante di quello che è la terapia occupazionale: analizzando l’attività si può notare come contenga componenti cognitive quali il ragionamento critico, il problem solving, la memoria procedurale e le componenti motorie come la manualità fine e il coordinamento occhio-mano oltre a tutta la componente emotiva di orgoglio, soddisfazione e coinvolgimento attivo.
Questa attività è stata la chiave e per Franco ha rappresentato ciò che ha fatto riaccendere la scintilla in lui, ricordandoci che ogni persona ne ha una e il più grande obiettivo è trovarla.
dott.ssa Silvia Ferraretto, terapista occupazionale