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Quel legame tra mercato del lavoro e maternità…

Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’Unità d’Italia, sotto la soglia delle 400mila unità, attestandosi a 393mila. Se all’origine del rinvio della maternità e della bassa natalità ci sono molte concause, c’è una relazione diretta e positiva tra partecipazione femminile al mercato del lavoro e fecondità.

Il nuovo rapporto di Save the Children “Le Equilibriste“: la maternità in Italia 2023 traccia un quadro aggiornato delle numerose sfide che le donne devono affrontare nel nostro Paese quando diventano madri.

I dati del rapporto evidenziano, fra l’altro, che il 12,1% delle famiglie con minorenni in Italia è in condizione di povertà assoluta e una coppia con figli su 4 è a rischio povertà.

Il mercato del lavoro, inoltre, sconta ancora un gap di genere fortissimo: nella fascia di età 25-54 anni, se c’è un figlio under 18, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minorenni scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali. Pesano anche, e molto, differenze geografiche e titolo di studio: nel Mezzogiorno l’occupazione delle donne con figli si arena al 39,7%, contro il 71,5% del Nord. Quando il lavoro per le donne c’è, un terzo delle occupate ha un contratto part-time: 32% dei casi contro il 7% degli uomini. Se ci sono figli minorenni la quota sale al 37%, a fronte del 5,3% dei padri, e con una metà quasi di queste mamme ovvero il 15%, che si è vista costretta ad un part-time involontario, che non ha scelto.

Il rapporto contiene anche un’indagine realizzata da Ipsos per Save the Children, da cui emerge che, nonostante il sentimento di gioia per la maternità sia quello prevalente nella grandissima maggioranza delle madri, il 43% delle stesse dichiara di non desiderare altri figli. Tra le cause segnalate, la fatica (per il 40% delle intervistate), la difficile conciliazione lavoro-famiglia (per il 33%), la mancanza di supporto (per il 26%) e la scarsità dei servizi per il rimanente 26%.

 

Ali per il futuro: da esperienza progettuale a pratica educativa

 

Il sondaggio mostra come e quale sostegno potrebbe cambiare in positivo la situazione: tra quelli segnalati ci sono un assegno unico più consistente o la possibilità di asili nido gratuiti, ma anche un piano di assistenza personalizzato sulle esigenze specifiche della famiglia, un’assistenza domiciliare pubblica o un sostegno psicologico pubblico che accompagni le madri nei primi mesi di vita.

Come ogni anno la pubblicazione include anche l’Indice delle Madri, elaborato dall’Istat per Save the Children, che identifica le regioni che si impegnano, di più o di meno, a sostenere la maternità in Italia. Quest’anno l’Indice è il risultato di un’analisi basata su 7 dimensioni (demografia, lavoro, servizi, salute, rappresentanza, violenza, soddisfazione soggettiva), per un totale di 14 indicatori.

 

 

«Tra le regioni più “amiche delle mamme” – si legge nel sito dell’organizzazione -, spiccano ai primi posti dell’Indice generale la Provincia Autonoma di Bolzano (118,8), l’Emilia-Romagna (112,1) e la Valle d’Aosta (110,3) rispettivamente al primo, secondo e terzo posto dell’Indice generale. Tutte e tre superano di ben 10 punti il valore di riferimento nazionale di 100, seguite da Toscana (108,7), Provincia Autonoma di Trento (105,9), Umbria (104,4), Friuli-Venezia Giulia e Lombardia (entrambe 104,2), che invece lo superano di poco. Fanalino di coda dell’Index generale le regioni Basilicata (84,3), Campania (87,7), Sicilia (88,7), Calabria (90) e Puglia (90,6), che occupano rispettivamente dalla 21ma posizione alla 17ma e sono sotto il valore di riferimento di almeno 10 punti, scontando una strutturale carenza di servizi e lavoro nei propri territori, a testimonianza di un investimento strategico da realizzare proprio in queste regioni».

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